Firenze: 4 arrestati per l’assalto di Natale alla gioielleria dei Rolex (VIDEO)

Un momento della rapina ripresa da una telecamera interna

Un momento della rapina ripresa da una telecamera interna

FIRENZE – Quarantuno secondi per rapinare una gioielleria. È stata identificata la banda dei Rolex, che alla vigilia di Natale 2013 rapinò a colpi di mazza la Gioielleria Fani di via Tornabuoni 110 r a Firenze. Quattro malviventi sono stati arrestati dalla Polizia, altro quattro sono ricercati dall’Interpol in tutta Europa. Si tratta di otto uomini di nazionalità rumena, tutti giovanissimi, al massimo 25 anni. Farebbero parte di una vera e propria associazione criminale operante in tutta Europa. Come ha accertato la Sezione Criminalità Organizzata della Squadra mobile di Firenze diretta dal dottor Alfonso Di Martino, il sodalizio criminale sarebbe composto da almeno 300 giovani malviventi rumeni. Tutti pronti a operare dovunque e soprattutto ad interscambiarsi tra loro. Difficilmente un commando agisce con le stesse persone per più di un colpo. Così le tracce si perdono più facilmente.

ARRESTI

Venerdì 23 settembre (ma la notizia è stata data oggi 26) le manette sono scattate ai polsi di Mihai Radu Gabriel (nato nel 1995) e Ioan Vadana (1990) individuati dalla polizia a Giussano (Monza). Nelle stesse ore l’Interpol arrestava in Belgio George Madalin Marian (1993) e in Germania Ioan Timofte (1996). Sarebbero loro i materiali esecutori delle «spaccate» all’interno della Gioielleria Fani. Gli altri quattro sono attivamente ricercati in tutta Europa attraverso l’Interpol. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata emessa dal Gip del Tribunale di Firenze, Tommaso Picazio. L’ha richiesta la Procura della Repubblica fiorentina a firma del procuratore capo Giuseppe Creazzo e del pm Christine Von Borries.

IL COLPO

Tutto avvenne in meno di un minuto (41 secondi per l’esattezza) a metà pomeriggio del 23 dicembre 2013. Mentre un complice faceva da palo a distanza ed altri due erano nei pressi, quattro uomini a volto coperto fecero irruzione nella gioielleria Fani nella centralissima via Tornabuoni. Per entrare sfondarono la pesante porta di vetro con una mazza da muratore. Dopo aver minacciato la titolare del negozio, con altre mazze i banditi spaccarono alcune teche blindate, impossessandosi fulmineamente di 20 orologi Rolex per un valore di oltre 150 mila euro. Da lì i componenti della banda (uno di loro controllava i tempi) si dileguarono a piedi, in mezzo allo choc di clienti e commessi del negozio, riuscendo a far perdere rapidamente le proprie tracce.

LA PRIMA TRACCIA

Nella fuga furono abbandonate una mazza e un’ascia, ritrovate dalla Polizia a poca distanza dalla gioielleria rapinata. Nei pressi anche alcuni indumenti ritenuti dalla Squadra Mobile «perfettamente compatibili con quelli indossati dai rapinatori». Fu questa la prima traccia – dall’esame del Dna nei vestiti – che avvicinò la Polizia alla banda dei rapinatori, anche grazie ad una pressante attività di intelligence.

LA MAZZA CONTRO LA GIOIELLERIA

La tecnica dei rapinatori apparve poi da subito molto simile a quella utilizzata in altre occasioni. Nel luglio 2013 (sei mesi prima del colpo in via Tornabuoni) sul Lungarno Corsini la Squadra Mobile avevano individuato e arrestato un altro gruppo di persone. Armate di molotov e mazze da muratore, si stavano dirigendo molto probabilmente verso una gioielleria in via del Parione.

Altri due colpi, sempre con l’uso di mazze ai danni di gioiellerie, erano stati messi a segno a Milano nel febbraio e nel maggio 2013. Riscontri e scambio di informazioni con la Polizia rumena hanno permesso di ricostruire l’identikit degli otto rapinatori di via Tornabuoni, a cui si è arrivati dopo un lungo iter anche di rogatorie internazionali. Venerdì 23 settembre gli arresti.

RECLUTAMENTO

Da quanto spiegato dagli inquirenti, il reclutamento dei giovanissimi malviventi rumeni sarebbe avvenuto anche nell’ambito di soggetti provenienti da orfanotrofi. Tutti erano sottoposti ad una sorta di «addestramento» paramilitare. Imparavano a maneggiare armi bianche, cambiarsi in fretta abiti, fuggire senza lasciare tracce e dormire se necessario all’aperto. Tra le istruzioni impartite ai neo criminali in azione c’era quella di non parlare mai al telefono ma solo all’orecchio del compagno di squadra. In caso di arresto l’ordine era di apparire pentito, ricordando anche l’esperienza di orfano per intenerire gli investigatori. Di fatto mai collaborare alle indagini. Ma anche qui qualche maglia di omertà deve essersi rotta, dando la possibilità alla polizia di arrivare a far luce sulla rapina dei Rolex.

 

IL VIDEO DELLA RAPINA

 

 

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Sandro Addario

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