Figli non riconosciuti, ecco la mappa per ritrovare i genitori naturali
NAPOLI – C’è una mappa che può aiutare le indagini in favore dei figli adottati, che desiderano conoscere le proprie origini e dare un nome almeno alla propria madre naturale. Mentre il Parlamento latita nell’approvazione di una legge ferma da due anni al Senato, dopo un lungo iter alla Camera, la Corte di Cassazione ha nel frattempo emesso una sentenza che – nel vuoto legislativo – stabilisce, a determinate condizioni, il diritto per un figlio di chiedere al tribunale di conoscere le proprie origini. Qui la sentenza 1946/17 del 25.1.2017.
IL TRIBUNALE
Cosa fa il giudice? Nel caso – non sempre scontato, mancando una legge dello Stato – che accolga l’istanza del figlio non riconosciuto alla nascita, il Tribunale dispone l’avvio di un’indagine per rintracciarne la madre. Un’attività che richiede particolare professionalità e sensibilità, affidata come di consueto alla polizia giudiziaria, già gravata di numerosi incarichi su tanti fronti e tante vicende, ognuna diversa dall’altra.
POLIZIOTTI DEDICATI
«Ci vorrebbero poliziotti e carabinieri ‘dedicati’ esclusivamente a questi compiti» dice l’avvocato Roberto Continisio, il legale napoletano che da anni si occupa di vicende che riguardano figli non riconosciuti in cerca di una propria identità biologica. Persone che, pur felici nelle loro famiglie adottive, sentono il bisogno di conoscere le proprie origini o anche solo un nome inciso su una tomba dove portare un fiore.
«Le indagini cominciano, ma troppo spesso si fermano» ricorda Continisio. Non sempre c’è organicità e conoscenza di una materia così delicata. Così il fascicolo giudiziario corre il rischio di chiudersi con un «non rintracciato» o, ancora peggio, di restare per troppo tempo senza una risposta.
MAPPA PER GLI INVESTIGATORI
Da qui l’idea dell’avvocato Continisio di proporre una «mappa investigativa» per gli operatori di polizia, incaricati di mettersi alla ricerca – non certo facile – di madri naturali che, dopo la nascita di un figlio che non potevano mantenere, sono sparite nell’ombra per disperazione o propria volontà. Compito degli investigatori (di norma polizia e carabinieri) è riuscire a metterle in contatto con il giudice del tribunale. Quest’ultimo, attraverso anche l’aiuto di assistenti sociali, le interpellerà per chiedere loro se vogliono ancora mantenere o meno la (legittima) scelta dell’anonimato. In caso di risposta affermativa, il figlio naturale si dovrà rassegnare. Diversamente, pur con la necessaria gradualità e in relazione alle circostanze di ogni singolo caso, madre e figlio/a si potranno finalmente rivedere.
Questi i punti della «mappa investigativa» che l’avvocato Continisio sta suggerendo ai tribunali italiani. «Niente certamente di vincolante – precisa il legale – solo un’ipotesi di operatività, che potrebbe tornare utile alla polizia giudiziaria. Quello che importa è raggiungere l’obiettivo».
I PUNTI DELLA MAPPA
CARTELLE CLINICHE
1) Occorre in primo luogo individuare l’archivio cartelle cliniche dell’ospedale dove è avvenuto il parto. Spesso questi archivi, oltre alla cartella clinica e ai registri in entrata e in uscita, conservano i registri delle partorienti che si sottoponevano, pochissimi giorni prima del parto, ad un esame chiamato «wassermann» . Si tratta di una sorta di amniocentesi dell’epoca a cui, si sottoponevano non a caso soprattutto le gestanti in odore di adozione del proprio nascituro.
REGISTRI
2) In caso negativo farsi consegnare tutta la documentazione contenuta nel fascicolo del Brefotrofio, con i cosiddetti «Registri madre» in entrata e in uscita, la scheda di madre e figlio e spesso la famosa ‘busta’. Altrettanto spesso venivano conservati i registri spesa. Era una sorta di elencazione nominativa di diarie di cui beneficiavano le balie a cui veniva delegato l’allattameneto del bambino, e che percepivano una parte dei loro proventi dalle madri naturali o dalle famiglie di queste ultime.
FASCICOLO DI NASCITA
3) In caso ancora negativo individuare il fascicolo di nascita con gli allegati. Questi consistono nei registri nascite e nel certificato di assistenza al parto (detto integrale di nascita). Il fascicolo è di norma custodito nell’archivio dello Stato Civile del Comune della città di competenza.
EX CASSA MUTUA
4) Un’altra copia del certificato di assistenza al parto veniva dall’ostetrica consegnato a quella che era l’Asl di competenza di allora e che sarà ubicato nella «Cassa mutua», come si chiamava un tempo l’asl di competenza.
ALTRE RICERCHE
5) In caso ancora negativo interpellare l’Archivio di Stato della città di competenza, che di frequente conserva la documentazione di nascita specie degli anni ‘40, ‘50 e ‘60.
6) Interpellare la Soprintendenza archivistica regionale che, fra l’altro, ha poteri di vigilanza sulle cartelle cliniche degli ospedali e delle cliniche private.
7) Cercare la firma di consenso alla preadozione, necessariamente apposta dalla madre naturale o, in alternativa, la documentazione inerente la procedura di abbandono
8) Cercare il certificato di battesimo e i registri parrocchiali
9) Interpellare gli archivi di Questura e Prefettura. L’articolo 109, ex 107, Tulps – Testo unico di pubblica sicurezza – prescriveva l’obbligo di comunicazione del ricoverato presso strutture pubbliche o soprattutto private. Esattamente coma si fa per gli ospiti di un albergo.
10) Individuare presso l’anagrafe del Comune tutte le nascite denunciate in un determinato giorno e nei 2 successivi
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