Firenze, tanti in coda alla mensa della Caritas. Dove vince il sorriso
FIRENZE – Entrare alla mensa della Caritas, infilarsi un grembiule e servire a tavola chi è più sfortunato di te. Ecco un’esperienza che fa vedere la vita in un modo diverso. Ore 11.30, piazza della Santissima Annunziata a Firenze. Davanti alla porta della Mensa di «San Francesco Poverino» c’è già una coda silenziosa e ordinata per il pranzo delle 12. Si entra fino a copertura dei posti a tavola (circa 80), poi si aspetta il secondo turno.
La chiamano ormai la «mensa del Papa», da quando Francesco vi fece tappa durante la sua visita pastorale a Firenze del 10 novembre 2015. Tutti i frequentatori hanno una tessera ricevuta al momento dell’iscrizione (gratuita) alla mensa, dove è necessario rilasciare le proprie generalità. Il resto fa parte della solidarietà e del bisogno di stare insieme. Si chiamano genericamente «i meno abbienti», ma di dignità e umiltà ne hanno da insegnare a tanti.
GLI OSPITI
Bekim, il cuoco della mensa della Caritas, fa entrare gli ospiti uno ad uno in ordine di arrivo. Non è solo il momento del pasto, ma quello in cui a tavola si familiarizza e si riesce a staccare dalle lunghe ore di solitudine della giornata. Ognuno ha una vita e una storia diversa alle spalle, ma un pranzo caldo alla stessa tavola li fa sentire più vicini. Stranieri e italiani non fa differenza. Giovani e meno giovani. Donne e uomini. Molti non si separano neppure dal berretto, con cui probabilmente passano 24 ore al giorno. Ma non manca neppure chi è dignitosamente vestito, capelli brizzolati in ordine e un golf di cachemire probabilmente datato. Uno dei pochi che abbassa gli occhi mentre lo servi a tavola. Per vederlo sorridere ci vorrà qualche tempo in più.
Sono frequenti i casi di mariti rimasti fuori casa dopo un matrimonio finito in tribunale, ma anche quelli di professionisti e imprenditori ai quali la buona sorte ha voltato le spalle. Come pure badanti straniere rimaste «senza lavoro» per la scomparsa della persona anziana che accudivano. Tra i tavoli della mensa anche una madre con due figlie giovani ed educatissime. Quasi nessuno si toglie il soprabito mentre mangia, segno che il freddo preso nelle ore precedenti in città è lungo da passare.
Chi batte tutti in ottimismo è Maria Francesca, una giovanile signora di 83 anni. Mangia alla mensa della Caritas da oltre 5 anni pur non consecutivi. La sua famiglia è una sorella e una nipote in non buone condizioni di salute e con una casa ormai svuotata da tutto perché pignorata e prossima a essere venduta all’asta giudiziaria. Ma Maria Francesca non si perde d’animo: «Bisogna prendere le difficoltà della vita con coraggio e pensare sempre a sorridere» dice mentre sta mettendo via una parte del suo pasto per portarlo alla sorella inferma, anche lei comunque registrata alla mensa della Caritas. Altrimenti non sarebbe consentito.
I VOLONTARI
I volontari della Caritas sono pronti a servire a tavola. Il loro turno è di circa due ore, un giorno alla settimana. Impegno più gravoso per chi lavora e deve chiedere due ore di permesso per raggiungere la Caritas. «Si corre, ma vince la soddisfazione di sentirsi utili a chi ha bisogno» è la risposta unanime. Dalla signora di quella che si chiamerebbe la «buona borghesia» che non si lesina a mettersi il grembiule, servire a tavola e pulire per terra. Dall’impiegata di uno studio commerciale a quella di un consulente del lavoro, che devono tornare presto in ufficio. Ma anche ad un distinto signore americano, ormai fiorentino di adozione, che non ha problemi a passare tra i tavoli e mettersi a disposizione degli altri.
La domanda più frequente che si sente dire tra i tavoli, pur educatamente, è: «ancora, ancora». Segno inequivocabile che, per una parte degli ospiti, quello sarà con tutta probabilità l’unico pasto caldo della giornata. O forse l’unico in assoluto. «Non aver problemi con le porzioni, vai pure» raccomanda il cuoco Bekim al cronista, che non riesce a fare da spettatore e ha chiesto anche lui un grembiule da cameriere. Gira tra i tavoli portando risotto, carne e contorni. Il ritorno è un grazie e un sorriso. Il massimo.
MILLE PASTI AL GIORNO
Sono circa 150 i pasti di media al giorno alla mensa in piazza Santissima Annunziata, aperta tutti i giorni tranne la domenica. «Fu inaugurata nel novembre 1949 e da 68 anni non ha mai smesso di operare» ricorda Alessandro Martini, professore di religione e inossidabile direttore della Caritas Diocesana di Firenze, nonché attuale Oltre 450 sono invece i pasti distribuiti nella più grande struttura Caritas in via Baracca 150/e a Firenze. A questi si aggiungono circa 200 pasti in «mense di quartiere» presso parrocchie, circoli e centri anziani, su indicazione dei Servizi sociali del Comune in particolare a favore di coloro che hanno più difficoltà a muoversi in città.
AL SERVIZIO DEGLI ALTRI
Sono le quasi le 14. I due turni di pranzo sono stati distribuiti e gli ospiti sono già stati ripresi in consegna dalla solitudine del pomeriggio e della notte. Non tutti hanno una casa e si devono accontentare di alloggi di fortuna o comunque precari. Ma quell’ora passata alla mensa della Caritas ha riempito non solo il loro stomaco ma anche il loro animo. Come per gli stessi volontari che li hanno serviti a tavola.
«Tra le tante attività a favore di chi ha bisogno – ammette una di loro mentre sta sparecchiando i tavoli – quella di dar loro materialmente da mangiare è quella che forse ti appaga di più. È un contatto più diretto e immediato. Qualcuno magari ti chiede timidamente anche una tachipirina che non può comprarsi. Come fare a dirgli di no». Come vi sentite a fine giornata? «Stanchi, ma si sta meglio». Chi vorrebbe rendersi utile al prossimo ma trova sempre alibi per non farlo, è avvisato.
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