Firenze, tanti in coda alla mensa della Caritas. Dove vince il sorriso

Il disarmante sorriso di Maria Francesca, 83 anni, una delle ospiti assidue della mensa della Caritas di Firenze

Il disarmante sorriso di Maria Francesca, 83 anni, una delle ospiti assidue della mensa della Caritas di Firenze

FIRENZE – Entrare alla mensa della Caritas, infilarsi un grembiule e servire a tavola chi è più sfortunato di te. Ecco un’esperienza che fa vedere la vita in un modo diverso. Ore 11.30, piazza della Santissima Annunziata a Firenze. Davanti alla porta della Mensa di «San Francesco Poverino» c’è già una coda silenziosa e ordinata per il pranzo delle 12. Si entra fino a copertura dei posti a tavola (circa 80), poi si aspetta il secondo turno.

La chiamano ormai la «mensa del Papa», da quando Francesco vi fece tappa durante la sua visita pastorale a Firenze del 10 novembre 2015. Tutti i frequentatori hanno una tessera ricevuta al momento dell’iscrizione (gratuita) alla mensa, dove è necessario rilasciare le proprie generalità. Il resto fa parte della solidarietà e del bisogno di stare insieme. Si chiamano genericamente «i meno abbienti», ma di dignità e umiltà ne hanno da insegnare a tanti.

GLI OSPITI

Bekim, il cuoco della mensa della Caritas, fa entrare gli ospiti uno ad uno in ordine di arrivo. Non è solo il momento del pasto, ma quello in cui a tavola si familiarizza e si riesce a staccare dalle lunghe ore di solitudine della giornata. Ognuno ha una vita e una storia diversa alle spalle, ma un pranzo caldo alla stessa tavola li fa sentire più vicini. Stranieri e italiani non fa differenza. Giovani e meno giovani. Donne e uomini. Molti non si separano neppure dal berretto, con cui probabilmente passano 24 ore al giorno. Ma non manca neppure chi è dignitosamente vestito, capelli brizzolati in ordine e un golf di cachemire probabilmente datato. Uno dei pochi che abbassa gli occhi mentre lo servi a tavola. Per vederlo sorridere ci vorrà qualche tempo in più.

Sono frequenti i casi di mariti rimasti fuori casa dopo un matrimonio finito in tribunale, ma anche quelli di professionisti e imprenditori ai quali la buona sorte ha voltato le spalle. Come pure badanti straniere rimaste «senza lavoro» per la scomparsa della persona anziana che accudivano. Tra i tavoli della mensa anche una madre con due figlie giovani ed educatissime. Quasi nessuno si toglie il soprabito mentre mangia, segno che il freddo preso nelle ore precedenti in città è lungo da passare.

Chi batte tutti in ottimismo è Maria Francesca, una giovanile signora di 83 anni. Mangia alla mensa della Caritas da oltre 5 anni pur non consecutivi. La sua famiglia è una sorella e una nipote in non buone condizioni di salute e con una casa ormai svuotata da tutto perché pignorata e prossima a essere venduta all’asta giudiziaria. Ma Maria Francesca non si perde d’animo: «Bisogna prendere le difficoltà della vita con coraggio e pensare sempre a sorridere» dice mentre sta mettendo via una parte del suo pasto per portarlo alla sorella inferma, anche lei comunque registrata alla mensa della Caritas. Altrimenti non sarebbe consentito.

 

Un momento del pranzo alla mensa della Caritas a Firenze

Un momento del pranzo alla mensa della Caritas a Firenze

I VOLONTARI

I volontari della Caritas sono pronti a servire a tavola. Il loro turno è di circa due ore, un giorno alla settimana. Impegno più gravoso per chi lavora e deve chiedere due ore di permesso per raggiungere la Caritas. «Si corre, ma vince la soddisfazione di sentirsi utili a chi ha bisogno» è la risposta unanime. Dalla signora di quella che si chiamerebbe la «buona borghesia» che non si lesina a mettersi il grembiule, servire a tavola e pulire per terra. Dall’impiegata di uno studio commerciale a quella di un consulente del lavoro, che devono tornare presto in ufficio. Ma anche ad un distinto signore americano, ormai fiorentino di adozione, che non ha problemi a passare tra i tavoli e mettersi a disposizione degli altri.

La domanda più frequente che si sente dire tra i tavoli, pur educatamente, è: «ancora, ancora». Segno inequivocabile che, per una parte degli ospiti, quello sarà con tutta probabilità l’unico pasto caldo della giornata. O forse l’unico in assoluto. «Non aver problemi con le porzioni, vai pure» raccomanda il cuoco Bekim al cronista, che non riesce a fare da spettatore e ha chiesto anche lui un grembiule da cameriere. Gira tra i tavoli portando risotto, carne e contorni. Il ritorno è un grazie e un sorriso. Il massimo.

MILLE PASTI AL GIORNO

Sono circa 150 i pasti di media al giorno alla mensa in piazza Santissima Annunziata, aperta tutti i giorni tranne la domenica. «Fu inaugurata nel novembre 1949 e da 68 anni non ha mai smesso di operare» ricorda Alessandro Martini, professore di religione e inossidabile direttore della Caritas Diocesana di Firenze, nonché attuale  Oltre 450 sono invece i pasti distribuiti nella più grande struttura Caritas in via Baracca 150/e a Firenze. A questi si aggiungono circa 200 pasti in «mense di quartiere» presso parrocchie, circoli e centri anziani, su indicazione dei Servizi sociali del Comune in particolare a favore di coloro che hanno più difficoltà a muoversi in città.

AL SERVIZIO DEGLI ALTRI

Sono le quasi le 14. I due turni di pranzo sono stati distribuiti e gli ospiti sono già stati ripresi in consegna dalla solitudine del pomeriggio e della notte. Non tutti hanno una casa e si devono accontentare di alloggi di fortuna o comunque precari. Ma quell’ora passata alla mensa della Caritas ha riempito non solo il loro stomaco ma anche il loro animo. Come per gli stessi volontari che li hanno serviti a tavola.

«Tra le tante attività a favore di chi ha bisogno – ammette una di loro mentre sta sparecchiando i tavoli – quella di dar loro materialmente da mangiare è quella che forse ti appaga di più. È un contatto più diretto e immediato. Qualcuno magari ti chiede timidamente anche una tachipirina che non può comprarsi. Come fare a dirgli di no». Come vi sentite a fine giornata? «Stanchi, ma si sta meglio». Chi vorrebbe rendersi utile al prossimo ma trova sempre alibi per non farlo, è avvisato.

 

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Sandro Addario

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