Contro il terrorismo, sicurezza e libertà non sempre coincidono

Squadre antiterrorismo in azione dopo l'attentato sul London Bridge

Squadre antiterrorismo in azione dopo l’attentato sul London Bridge

ROMA – Notte di sangue sul London Bridge, uno dei simboli della capitale britannica, a quattro giorni dalle elezioni politiche dell’8 giugno. Ancora un attentato, ancora paura, sgomento. Ridda di dichiarazioni su sterili e già inutilmente evocati provvedimenti di contrasto di una realtà che sembra incontrollabile. E ancora una volta ecco le «litanie» della politica che dal «resto del mondo» giungono a Londra, dove al di la della ennesima tragedia si è anche in preoccupati per la sicurezza e l’esito delle imminenti elezioni.

Un interrogativo si pone, primo fra tutti, dopo l’ultimo attentato di sabato 3 giugno. A quanta libertà siamo disposti a rinunciare per una maggiore sicurezza? Cosa deve accadere perché la politica si ravveda e perché i governi comincino ad affrontare il problema seriamente, smettendola di dare la colpa all’intelligence. La risposta è nelle tragiche esperienze del passato. Sino a quando ad essere colpita e falcidiata è la gente comune, nulla cambierà. E l’asse portante, la scelta vincente di questo terrorismo è proprio questa:  colpire la gente qualunque, colpire nel mucchio, uccidere i tanti signor nessuno.

Se questo terrorismo continuerà a colpire nel mucchio con azioni low-cost,  potrà continuare all’infinito, contando sull’indifferenza di una società distratta, abulica, assuefatta ad ogni evento. Una società accerchiata anche da un’informazione disarticolata, che ripete inutilmente le stesse identiche argomentazioni, adattate a tutti gli eventi.

Può sembrare inverosimile, ma i primi ostacoli nel contrastare efficacemente il terrorismo integralista islamico sono rappresentati  oggi proprio dalla Convenzione di Schengen, dalla giurisprudenza ultra garantista della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu), dalle legislazioni troppo permissive di alcuni paesi dell’Europa occidentale. A nessuno sfuggirà che nei paesi dell’Est Europa, dove fortunatamente la democrazia è essenziale ma ancora in embrione, le polizie, le carceri ed i servizi segreti sono »all’antica», il terrorismo islamico si tiene ancora alla larga.

A CIASCUNO IL SUO RUOLO

Siamo «malati di democrazia»? Non è certo così. Ma a tempo stesso bisognerebbe iniziare a rimettere ciascuno al proprio posto. Smettiamola di chiamare in causa ogni  momento i servizi segreti, che segreti devono essere davvero e segretamente devono operare e interagire con i collaterali stranieri. Senza diffidenze reciproche. Ridiamo alle polizie la pienezza dei loro poteri, prevenzione, repressione, indagini. Lasciamo ai giudici, Cedu in primis, il solo compito di giudicare.

Ai Governi ed ai Parlamenti, il compito di riesaminare (e, se serve, modificare) subito tutte quelle previsioni garantistiche che, se hanno sempre rappresentato un alto livello di civiltà giuridica e sociale, oggi sono divenute la spada di Damocle che pende su tutte le nostre teste.

 

 

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Alessandro Gentili

Generale di Brigata dei Carabinieri (ris.), già Comandante Generale della Gendarmeria della Repubblica di San Marino

Commenti (1)

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    Pierpaolo Piras

    |

    Considero un’altra componente: quanto sta accadendo in Francia ed Inghilterra è anche il riflesso di quanto sta accadendo in Siria, Irak, Afghanistan ecc, dove gli stessi con gli USA bombardano e quant’altro, con innumerevoli vittime soprattutto tra i civili. Bisognerà affrontare anche queste problematiche se vorremo una soluzione minima ma duratura.

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