Firenze: caporalato ed evasione fiscale, due imprenditori cinesi in carcere

FIRENZE – Due imprenditori cinesi in carcere, due loro familiari colpiti dal divieto di dimora nel comune di residenza con obbligo di permanenza notturna e divieto di espatrio. Sequestro preventivo di immobili per un importo di oltre 520 mila euro. Questo l’esito dell’operazione «Panamera» (dal nome della Porsche di uno degli arrestati) condotta dalla Guardia di Finanza di Firenze, cha ha fatto luce su reati che vanno dalla bancarotta fraudolenta, frode fiscale, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte fino allo sfruttamento illecito dei lavoratori, perpetrata da soggetti sinici nelle lavorazioni conto terzi di capi di pelle.
Il Gip del Tribunale di Firenze Angela Fantechi, accogliendo la richiesta del pm Christine Von Borries, ha disposto la custodia cautelare in carcere per Yu Wu e la moglie Jianhui Zheng, nati in Cina nel 1984 e 1985 e residenti a Campi Bisenzio. Risulta, a quanto si apprende, che facessero una vita di particolare lusso, con una Porsche Panamera intestata al marito e cantine di vino pregiato in casa. Misure cautelari anche per Wanyue Wu (Cina 1955) e Yeping Zheng (Cina 1982). Per loro è scattato il divieto di dimora a Campi Bisenzio, con la prescrizione di essere reperibili dalle 20 alle 8 di ogni giorno, unitamente al divieto di espatrio.
Come illustrato in conferenza stampa dal Procuratore Capo di Firenze Giuseppe Creazzo e dal generale Bruno Bartoloni, comandante regionale della Toscana della Finanza, le indagini sono state condotte del 2° Nucleo Operativo Metropolitano di Firenze delle Fiamme Gialle, nell’ambito del contrasto al lavoro sommerso e allo sfruttamento dei lavoratori. Sono stati così individuati alcuni capannoni nel comune di Campi Bisenzio, dove gli imprenditori cinesi, appartenenti allo stesso ambito familiare e operanti nel settore della lavorazione del pellame e della produzione di borse, sfruttavano manodopera straniera.
L’ACCUSA
Secondo l’accusa una società romana, con un’unità locale sita in Calenzano, subappaltava le proprie lavorazioni per conto terzi a una società di capitali gestita da una coppia di origini cinesi. Quest’ultima, a sua volta, distribuiva le lavorazioni a ditte individuali caratterizzati da una breve durata operativa e ricondotte alla coppia, successivamente lasciate con elevati debiti erariali, svuotate di liquidità e sostituite da altre operanti negli stessi luoghi e con gli stessi macchinari e forza lavoro.
Una vera e propria evasione fiscale che negli anni 2013-2019 avrebbe maturato circa 589.000 euro di debiti erariali iscritti a ruolo ed evaso imposte per 522.883 euro. Le indagini finanziarie hanno fatto anche emergere prelevamenti e bonifici per circa 1,2 milioni di euro. Su istanza della Procura della Repubblica di Firenze, la società di capitali e due ditte individuali sono state dichiarate fallite dal Tribunale. All’esito delle indagini, oltre all’accusa di caporalato, sono stati configurati, a vario titolo, reati di bancarotta fraudolenta, dichiarazione fraudolenta e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte nonché un’attività di raccolta e smaltimento illecito di rifiuti speciali, avendo abbandonato residui alimentari e bidoni di olio all’esterno della struttura.
CAPORALATO
Altrettanto grave il caporalato e lo sfruttamento della mano d’opera. I finanzieri hanno accertato un massivo sfruttamento di lavoratori di diversa etnia: cinesi, bengalesi, pakistani, trasportati sui luoghi di lavoro e tenuti a lavorare per circa 14 ore al giorno, con una retribuzione media oraria di poco superiore ai 3 euro l’ora. Senza riposo, i pasti venivano consumati velocemente all’interno del capannone, ove erano presenti approssimative cucine alimentate da bombole di gas.
Come riporta una nota della Guardia di Finanza, nella sua ordinanza il Gip rileva che «emerge con chiarezza lo stato di soggezione e di sfruttamento a cui sono sottoposti i lavoratori e del fatto che (…) dispongano degli stessi a proprio piacimento, arrivando a ipotizzare di farli lavorare di notte pur di effettuare le consegne prestabilite». Sussistono anche «gravi indizi in ordine ad una condizione di sfruttamento evidenziata da macroscopiche violazioni degli orari massimi di lavoro e dell’assenza di riposi, con persone ridotte a mera forza lavoro».
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